Tutta Capri in un caffè #1


Buongiorno a tutti. Avete trascorso un piacevole fine settimana? Spero proprio di si. 🙂
Io ho sfidato il maltempo e le temperature decisamente basse per una classica giornata in piscina e ci sono andata lo stesso. Sole non ne ho preso (con i nuvoloni neri a coprire buona parte del cielo, quale Sole potevo mai sperare di prendere?), la piscina esterna l’ho abbandonata dopo appena un’ora dall’arrivo (non so neanche dove abbia trovato il coraggio di tuffarmici!). In compenso, in maniera previdente, avevo scelto un complesso che disponeva di piscine anche al coperto e nel pomeriggio sono riuscita a realizzare il desiderio che avevo di fare un bagno e mi sono rilassata un po’. Mi auguro sia stato lo stesso per voi, che le vostre pance si siano riempite di bontà e che abbiate avuto modo di trascorrere qualche ora assieme alle persone che amate. 🙂
Oggi ho deciso di proporvi la prima parte di un racconto a puntate scritto più di un anno fa. Uno dei primi, se non addirittura il primo racconto breve, scritto per partecipare ad un concorso letterario il cui tema da seguire era “il caffè”. Non mi sono classificata tra i finalisti di quel concorso, ma in compenso ho usato lo stesso testo per partecipare ad un altro contest, indetto dalla Edizioni Ensemble, che ha ritenuto il mio testo idoneo per la pubblicazione in un’antologia dal titolo “Racconti d’estate II“. Il testo è abbastanza lungo, quindi, se dimostrerete di gradirlo, lo pubblicherò a puntate qui. Il titolo è: “Tutta Capri in un caffè“.
Come sempre, ogni vostro commento è graditissimo.
Buona lettura e buon inizio settimana a tutti! 🙂

capri
27 maggio 1985, ore 18.07, porto di Capri. L’aliscafo era in procinto di attraccare e un gruppo di persone iniziava a recuperare i propri effetti personali; sparsi qua e là su tavolini e poltrone della sala comune, vi erano giornali e riviste di ogni genere, leggiucchiati per ingannare il tempo durante la traversata di quel breve tratto di mare che da Napoli conduceva alla più famosa delle tre perle del Golfo. Mentre la nutrita folla di passeggeri, perlopiù turisti, si dirigeva composta verso l’uscita, dall’altro capo della nave un signore distinto, sulla quarantina, preferì fermarsi ancora un po’ ad ammirare l’orizzonte che stava accogliendo i colori caldi del tramonto, godendo di una leggera brezza marina che a quell’ora del pomeriggio gli assicurava frescura e benessere. Di tanto in tanto rivolgeva attenzione ad un blocchetto di fogli che teneva ammassati sulle gambe, apportando modifiche ad appunti scritti di suo pugno qualche giorno addietro, stringendo in una mano una penna quasi del tutto consumata e nell’altra un bicchiere semivuoto di thé alla pesca.

Gustave Du Rochefort era uno scrittore. Era un uomo alto e dalla corporatura longilinea; aveva profondi occhi color cenere nascosti quasi sempre dietro grandi occhiali scuri e baffi sottili di un nero corvino brillante, come i capelli che con piacere lasciava liberi di scomporsi al vento prepotente del mare. Durante i mesi più miti, indossava spesso abiti di lino dai colori tenui e dal taglio sobrio, a cui abbinava semplici copricapo per proteggersi dalla calura e dai raggi solari. Era un uomo di buon gusto, discreto, colto e taciturno. Adorava la musica orientale e portava sempre con sé una cassetta su cui un vecchio amico, abituato a vederlo partire all’improvviso, aveva fatto registrare melodie di quei paesi lontani, paesi che l’uomo sognava di conoscere e che sicuramente, un giorno o l’altro, avrebbe visitato.

Il signor Du Rochefort era nato a Petit-Montrouge, un piccolo e poco conosciuto quartiere del quattordicesimo arrondissement parigino nel settembre del 1941 ed aveva vissuto nei sobborghi della Ville-Lumière gran parte della sua gioventù. Proveniva da una famiglia dalle modeste origini, in cui però l’arte aveva trovato terreno fertile per proporsi, affermarsi e prevalere in diversi settori. La conosciuta e amata famiglia Du Rochefort era composta dal padre Armand, cuoco instancabile e gentile che aveva lavorato tutta la vita in un ristorante del poco distante quartiere di Grenelle, e dalla madre Marie, donna dolce ed affascinante con la passione per l’arte e la musica, insegnante di violino in una scuola della capitale francese. Negli anni, nessuno dei due aveva mai cercato di persuadere Gustave ad allontanarsi dalla strada che aveva deciso di percorrere. Sebbene fossero tempi duri per l’arte, la passione per la letteratura e la scrittura, evidente nelle scelte e nella predisposizione del ragazzo, avevano convinto Armand e Marie ad appoggiare fermamente le convinzioni del figlio, che a partire dai vent’anni iniziò ad essere sempre più assente, deciso ad inseguire e stringere tra le mani un sogno sbocciato tra le pagine dei romanzieri celebri del suo paese e dei maestri antichi su cui si era formato nel corso degli anni. Tuttavia, per garantirsi una vita agiata e un’indipendenza economica, nell’attesa di poter pubblicare i romanzi che conservava nei cassetti del suo scrittoio da un po’, aveva iniziato a lavorare per un quotidiano, curandone la rubrica culturale. Sicuramente, essendo Capri un luogo ricco di bellezze non solo paesaggistiche, non avrebbe incontrato difficoltà a scrivere un paio di articoli di successo al ritorno dal suo soggiorno, ma non era quello il fine per cui aveva deciso di partire. Gustave, infatti, si preparava a godersi dieci giorni di riposo, lontano dai ritmi frenetici della sua città, dalle scadenze impellenti, dalle revisioni di bozze e dalle pressioni dei propri superiori. Aveva scelto l’isola per recuperare energie e tranquillità e per ristabilire il proprio equilibrio, con la speranza di trovare allo stesso tempo l’ispirazione giusta, quella capace di far rifiorire la vena creativa che ultimamente si era assopita.

Quando l’aliscafo ebbe terminato tutte le manovre di attracco al molo di levante, i passeggeri abbandonarono silenziosi l’imbarcazione e anche Gustave, dopo l’esortazione di un membro dell’equipaggio, mise finalmente piede a terra. Il paesaggio che accolse il viaggiatore d’oltralpe era incantevole; la sua vista si perse nel tripudio di colori delle abitazioni dei pacifici isolani, tinte che spaziavano dal rosso intenso delle palazzine più vicine al porto, al giallo ocra degli edifici più lontani, fino al bianco sporco delle case che sporgevano nella fitta vegetazione della collina o al blu cobalto delle barchette dei pescatori, cariche di reti pronte a diventare trappole mortali per i pesci che quella notte sarebbero stati pescati. Gustave non voleva perdersi nessun dettaglio e avrebbe fissato ancora a lungo quel panorama così particolare, ma pensò che era preferibile raggiungere il suo alloggio prima che facesse scuro e che avrebbe avuto modo di visitare e contemplare le bellezze di Capri per tutto il tempo necessario nei giorni a venire. Così si tolse gli occhiali e, bagaglio alla mano, si diresse verso “La bottega del caffè”, un bar la cui insegna si distingueva già dal molo, deciso a chiedere indicazioni per la locanda presso la quale avrebbe alloggiato.

Non appena vi mise piede, si sentì inebriare completamente da un aroma intenso ed avvolgente: quello del caffè, appunto. Era un profumo inconfondibile, capace di evocare ricordi ingrigiti di un tempo ormai passato, un tempo che gli impegni quotidiani, le responsabilità e il movimentato stile di vita rendevano quanto mai distante. Improvvisamente Gustave vide ricostruirsi nella mente scene di ordinaria quotidianità, e ricomparvero i volti di coloro che avevano animato gli anni più vivaci e convulsi della sua esistenza. Tornarono alla memoria tutti i pomeriggi trascorsi con Pierre, Sylvie e Bastien, chini sui tavoli di un celebre bistrot gestito da italiani, “Le café littéraire”, luogo in cui spesso il giovane faceva sosta dopo l’università, prima di raggiungere il padre nel ristorante di Grenelle. Lì, in un ambiente caldo, confortevole e familiare, davanti a golosità di ogni tipo, i ragazzi perdevano la cognizione del tempo e trascorrevano ore raccontandosi di progetti ambiziosi da realizzare, di paesi da visitare, di persone da conquistare, discutendo animatamente di arte, scienze, filosofia e letteratura. Ci si nutriva di sogni e di speranze, ci si scambiava promesse e in ogni angolo si respirava genio e pacata sregolatezza; si proponevano e confutavano teorie, ci si improvvisava sagaci critici letterari, ci si perdeva tra le righe di un polemico ed agguerrito Montesquieu o le bizzarrie di un’annoiata ed impotente Emma Bovary.

Gustave ripensava all’atmosfera di quel popolare bistrot con nostalgia; per lui e per i pochi e selezionati membri di quella fantasiosa cricca letteraria, “Le café littéraire” era più che un semplice caffè: era un rifugio in cui si sentivano liberi di dare sfogo ai propri sentimenti repressi, agli entusiasmi assopiti, agli appetiti insaziati, alle inclinazioni celate, al pathos ardente che guidava le loro giovani esistenze. Al Gustave ventenne piaceva sentirsi parte di un’élite dai caratteri così lontani da quelli delle masse, masse in cui iniziavano a farsi spazio nuove ideologie e tipologie di valori; egli si sentiva privilegiato per aver ricevuto in dono una così pronunciata sensibilità artistica. L’arte aggiungeva bellezza alla sua percezione del mondo in maniera così acuta che spesso si ritrovava a provare dispiacere per coloro che non potevano godere di questo privilegio; pensava a loro come soggetti di una tela in bianco e nero, dai contorni bigi, opachi, spenti, in cui neppure la brillantezza del colore più vivo sarebbe riuscito a restituire vitalità ad un mondo percepito come opprimente e senza luce, in cui tiranneggia la presenza di una pallida e perpetua monotonia. La sua maturazione psicologica e soprattutto emozionale era avvenuta in quel caffè, tra i tintinnii delle stoviglie, gli aromi variegati e i sapori inimitabili. Forse, se Gustave aveva assunto quelle fattezze, lo doveva, per la maggior parte, a tutto questo.

[continua…]

9 pensieri riguardo “Tutta Capri in un caffè #1

    1. Io, sebbene sia napoletana, mi “vergogno” un po’ a dire che non ci sono ancora stata. Mi sono divertita ad immaginarla, leggendone la storia, osservando attentamente decine di fotografie, viaggiando fin là con la fantasia. Mi sono comunque ripromessa di andarci a brevissimo! ^_^

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